Nato a Scandicci nel 1943, Paolo Staccioli si avvicina al mondo dell’arte al principio degli anni Settanta, quando inizia ad esporre, in ambito fiorentino, la sua pittura. Ma la sua vocazione artistica
sembra chiarirsi una ventina di anni più tardi quando l’artista inizia un vero e proprio percorso formativo a Faenza, acquisendo con gli anni e la tenacia le competenze tecniche che lo condurranno al linguaggio più consono alla sua creatività: la scultura in ceramica. L’apprendistato si avvicenda rapidamente con i primi successi: dopo una prima serie di apparizioni in mostre personali e collettive, principalmente in ambito fiorentino, Paolo Staccioli conquista repentinamente il favore della critica e del pubblico di collezionisti per la sua abilità grafica e freschezza esecutiva. La sua maestria nel trasformare la terra in forma, così come la capacità di coprirla di vibrazioni luminose e riflessi di colore a ‘lustro’, interrotti solamente dall’ impronta grafica del disegno, porta presto Paolo Staccioli alla sua più alta stagione creativa, ininterrotta, dagli anni Novanta fino ai giorni nostri.
Nella ceramica Paolo Staccioli trova un terreno fertile per esprimere in piena libertà quella vena creativa che oggi lo rende uno degli autori di un repertorio formale più originale e interessante della ceramica contemporanea.
Dai primi vasi, dove si affaccia per la prima volta il primo corteo di cavalli (tema al quale l’artista rimarrà sempre legato), condotto con gli umori di una fantasia sognante e fiabesca, Staccioli si muove alla sperimentazione di nuove forme, modellate con leggerezza e ironia: ed ecco che appaiono i primi arlecchini, i guerrieri, i viaggiatori, le bambole, che si staccano dalla superficie bidimensionale del vaso per divenire scultura.
La fantasia è ora pienamente liberata, pronta a trovare sfogo nelle mille invenzioni e combinazioni scultoree che vedono la luce nello studio-atelier di Scandicci. La sua natura ed il suo talento lo portano a tentare una particolare sintesi fra quanto ha sempre riconosciuto come suo patrimonio culturale (il mondo degli etruschi, con l’eleganza formale e la freschezza espressiva dei linguaggi pre-classici) e l’osservazione del mondo moderno, arrivando a creare un repertorio iconografico che travalica i limiti del tempo, per consegnarsi alla contemporaneità come espressione di giocosità e disincanto, perennemente fiduciosa nella varietà e nella molteplicità di declinazioni linguistiche. Sorretto da una continua fluttuazione inventiva, Staccioli guarda divertito i personaggi cari al suo immaginario emigrare dal piedistallo della scultura, per ricomparire a bordo di argonautiche barche e carretti, o a cavallo di un dondolo, sospeso in metafisico equilibrio.
Sculture che, negli anni, acquistano masse plastiche sempre più possenti, guadagnandosi una maestosità che non perde l’immediatezza, rigenerate come sono da bagni di colore sempre rinnovati, specchianti lo sviluppo delle forme.
Negli anni Staccioli, assecondando la sua ormai consolidata vocazione scultorea, si dedica all’esplorazione delle proprietà formali del bronzo, materiale che come la ceramica trova perfetta rispondenza con l’impianto formale, sintetico e stilistico, delle sue creazioni.
Lo studio di Scandicci, dove a tutt’oggi troviamo Paolo Staccioli al lavoro, è così una fucina in costante fermento, un cantiere aperto dove è possibile rinnovare lo stupore di fronte ai bozzetti in creta, le steli policrome, le sculture che ambiscono alla tribuna privilegiata delle esposizioni e delle collezioni, che sempre più costellano il percorso artistico e professionale di Paolo Staccioli.